6 febbario - "Stati d'amore LIVE!"


Si avvicina San Valentino e non possono mancare gli "Stati d'amore LIVE!": se ancora non avete pensato al regalo giusto per la persona del vostro cuore, se volete scoprire 365 storie d'amore, se volete farvi quattro risate, l'appuntamento è per sabato 6 febbraio 2016, alle ore 11:00 alla rinata Libreria Tarantola di Udine (Via Vittorio Veneto, 20). A questo link l'evento su Facebook, al quale potete invitare (e vi ringrazio se lo fate) tutti quelli che volete e che pensate potrebbero essere interessato. Tipo quel vostro amico che si innamora ogni 7 secondi o quella ragazza carina che avete incrociato in biblioteca o il vostro migliore amico al quale non sapete dichiarare il vostro amore o una persona senza quale non riuscite proprio a stare.

E soprattutto scopriremo insieme chi era questo San Valentino e perché è il patrono degli amanti, degli innamorati e (ebbene sì) degli epilettici!

Io e il chitarrista Kevin Venier vi aspettiamo con il nostro viaggio sgangherato!

Il trailer di #lasciateunmessaggio!


E finalmente è arrivato, giusto giusto per la fine di gennaio come promesso, il trailer di "Lasciate un messaggio", il corto scritto da me e diretto da Marco Fabbro con protagonista Natalie Norma Fella.

E voi non #lasciateunmessaggio? Questo è lo slogan con hastag con cui vi chiedo di condividere il trailer, se volete dare una mano a me e a tutti quelli che ci hanno lavorato a far conoscere questa storia. Condividete su tutti i social, cliccate "mi piace", retweettate... ma soprattutto #lasciateunmessaggio! Scrivete status, commenti e tweet con questo hastag, noi li raccoglieremo e gli daremo spazio sulla pagina dedicata al corto!

E per chi volesse vederlo tutto? Prima di finire su Youtube tutto intero, il cortometraggio andrà un po' a zonzo per festival e presentazioni (anche in Friuli Venezia Giulia), quindi restate aggiornati sui prossimi appuntamenti (magari iscrivendovi a questo blog con una delle estensioni social qui nella colonnina di destra! -------------------------------------------------------------------------------------------->).

E voi non #lasciateunmessaggio?

Cuant che tu vegnis fûr dal bosc (poesia in friulano)


Scufute rosse
ti setu platâde?
Il lôf al è muart
nol covente plui
vê pôre dai ricuarts.
Cuant che tu vegnis
fûr dal bosc
tu mi cjatis ca
dongje di te
come un cjan
che nol domande mai
nuie par sé.

Cappuccetto rosso / ti sei nascosta? / Il lupo è morto / non serve più / aver paura dei ricordi. // Quando vieni / fuori dal bosco / mi trovi qui / vicino a te / come un cane / che non chiede mai / niente per sé.

Photo Credit: thescourse via Compfight cc

"Non va via, quella cosa lì"


Perché dico che il mio è un mestiere eccezionale? Perché permette incontri eccezionali!
Come questo che, lunedì 18 gennaio 2016, ha visto protagonisti la Consulta Comunale dei Ragazzi di Zoppola (Pn) e la signora Assunta Bortolussi, sopravvissuta all'esperienza dei campi di lavoro in Germania, fra il 1942 e il 1945.
La signora Assunta, semplicissima e terribilmente umana, ci ha raccontato della sua vita, della sua giovinezza, di questa esperienza che l'ha profondamente segnata. Con parole piene di rispetto ci ha raccontato della sua partenza, nella speranza di un lavoro, tramutatasi ben presto in condizioni difficilissime, lontananza da casa e dagli affetti, mancanza anche delle cose più strettamente necessarie.

Questa testimonianza video è stata realizzata nell'ambito delle manifestazioni per la celebrazione del Giorno della Memoria 2016, che è il 27 gennaio, ma può essere tutti i giorni se uno ha a cuore l'umanità.

Domenica 31 gennaio è Contecurte Day!

(Questo post è una traduzione/adattamento del post originale su Contecurte)

Con il sostegno dello Sportello di lingua friulana del Comune di Lestizza, domenica prossima, 31 gennaio 2016, alle 17.00, a Villa Bellavitis a Lestizza, nell'edificio dove c'è la Biblioteca comunale (vicino alla Farmacia per quelli che non sono della zona) va in scena il "Contecurte Day"!
L'osteria letteraria di poche parole "Contecurte", da sempre luogo virtuale nel quale si incontrano gli appassionati di letteratura e letteratura in friulano, diventa per una sera reale: una gara di racconti brevi, brevissimi, aperta a tutti i contecurtârs, sia quelli che già hanno scritto e scrivono su Contecurte, sia quelli che vogliono provarci in quest'occasione.

E la gara non è solo una gara, ma uno spettacolo, perché il bravissimo Oste, Raffaele Serafini, vincitore quest'anno del Premio San Simone (il massimo premio per la narrativa in friulano) dirigerà una specie di happening in cui alle letture si alterneranno il "Famei" Checo Tam, il "Berlon" Michele Londero, le "Camarele trastolone" Lussia di Uanis e il "Cjantôr" Bizio Citos

Come partecipare? Manda un racconto inedito a Contecurte entro giovedì 28 gennaio; in gara non sarà solo l'autore, ma il suo racconto, che non dovrà superare le 2000 battute. L'Oste riceverà i racconti e sarà l'unico a conoscerne l'autore, ammettendolo alla gara fino ad un numero gestibile in una sola serata. Premio offerto dall'Agriturismo Pituello.

Che altro aggiungere? Che c'è anche il rinfresco? Beh, questo può essere un valido motivo per esserci. Non vi resta che esserci domenica!

Consapevolezza. La nona puntata di "Omuncoli" è online!



La nona è puntata di svolta, in cui si sbatte il muso contro la realtà, a quanto pare. Sia Orwell che Manfred si trovano a fare i conti con la consapevolezza. Buona lettura e trepidate in attesa della puntata finale!

Photo Credit: xmacex via Compfight cc

Il futuro è una terra da esplorare!

Quest'anno sono quattro anni che faccio l'educatore. Un mestiere mitologico: mezzo amico, mezzo esempio, mezzo animatore, mezzo insegnante, mezzo sostegno... a volte semplice ascoltatore di quello che accade a chi è attorno a lui. Un lavoro che mi piace un sacco, perché richiede di stare sempre con le antenne rizzate, gli occhi bene aperti, immaginare strategie nuove che siano efficaci a seconda della persona o del momento che ci si trova davanti, per provare ad orientarci un po' meglio.
(Un lavoro, bisogna anche aggiungere, che fino ad oggi ha avuto confini giuridici poco definiti, ma ora pare che sia in elaborazione una legge che dovrebbe ordinare il panorama; i tempi legislativi però sono ancora poco determinati.)

Oggi parlo del mio lavoro perché ultimamente, nell'ambito di un progetto per l'adolescenza svolto con ragazzi di una scuola media, ho elaborato assieme alla mia collega Barbara un percorso che mi è proprio piaciuto (ed è stato ben accolto dai ragazzi che hanno creato delle bellissime opere). L'idea di partenza è stata quella di immaginare il futuro come una terra sconosciuta, della quale sappiamo solo vaghe notizie, ma che prima o poi ci toccherà esplorare.
Così abbiamo proposto ai ragazzi di riflettere su paure e sogni che nutrono per il loro futuro, le aspettative e gli aiuti o capacità che sanno di avere a disposizione per questo viaggio. Passo passo, attraverso giochi e momenti di analisi, questi elementi sono diventati un immaginario di luoghi e hanno preso il loro posto sulla loro personale mappa fantastica del futuro.

Siccome sono convinto che non si possa proporre nulla che non si sia provato in prima persona (e che non si ritenga quindi valido per sé e solo poi per gli altri) anch'io mi sono cimentato nella mappatura della mia terra da esplorare, il mio futuro. Qui sopra vedete il risultato.
La mia partenza è da Casa, dal luogo in cui ci sono le mie radici, la mia famiglia, tutto il mondo di affetti e relazioni che ho costruito da quando ero bambino, oltreché il mio bagaglio culturale. La prima tappa corrobora questo punto di partenza poiché è un Ritrovo fiducioso, fatto di incontri per me importanti: qui tutte le persone che ho incontrato nella mia vita (di persona o in una storia, in un libro...) mi confortano con la loro presenza. Se avrò bisogno di un incoraggiamento passerò da qui. E ne avrò bisogno perché presto arriveranno le mie paure: quella di affrontare il Deserto dubbioso e poi più avanti la Palude della solitudine. E se i dubbi possono anche rappresentare l'occasione per intraprendere deviazioni a cui uno magari non aveva pensato (purché si sia provvisti di acqua a sufficienza per resistere!), la Palude è forse quello che mi spaventa di più: rimanere solo. Per questo vi ho messo attorno tanti "fortini" dai quali so di poter ricevere un aiuto: il Simpatico Luna Park (mia risorsa interiore), il Castello degli amici (dove si va senza?) e la Comunità indiana (nella quale si trova anche un totem, spirito guida, punto di riferimento).
Resta da parlare della meta. Un sole soddisfatto, il tepore, la realizzazione di tutti i progetti che ho in mente e che ancora mi arriveranno!
Ecco, questa è la mappa del mio futuro. Volete provare a disegnare la vostra?

Per creare un po' di immaginario attorno a questo lavoro, durante il percorso a scuola abbiamo letto alcuni brevi passi da due storie meravigliose, che esaltano il tema del 'viaggio di ricerca' al massimo grado: Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit di J.R.R. Tolkien.
Questa citazione che segue, ad esempio, mi è sembrata rappresentare bene il passaggio delicato dell'adolescenza, nella quale ci sono delle forze incredibili che ci trasformano, ci fanno addirittura volare, ma non sempre la cosa è del tutto piacevole:
Bilbo aprì un occhio per dare una sbirciatina e vide che gli uccelli erano già molto in alto e che la terra era molto lontana, e le montagne, già distanti, si ritraevano sempre di più. Chiuse di nuovo gli occhi e si tenne più forte.
«Non darmi pizzicotti!» disse l'aquila. «Non hai bisogno di tremare come un coniglio, anche se gli somigli abbastanza. È una bella mattina con poco vento. Che cosa c'è di più bello che volare?»
Bilbo avrebbe voluto dire: 'Un bagno caldo e poi, più tardi, una bella colazione in giardino', ma ritenne che fosse meglio non dire niente del tutto, e allentare la sua presa appena un pochettino.
Già, cosa c'è di più bello che volare? Però se uno non è abituato, la cosa può spaventare, è comprensibile: i piedi non poggiano più a terra, appigli zero, c'è tanta paura di cadere. Eppure, ripeto, si vola.
Ora sarà bene chiudere questo post con il giusto augurio:
Veloci le aquile si calarono a una a una sulla cima di questa roccia e vi deposero i loro passeggeri.
«Buon viaggio!» gridarono «dovunque andiate, finché i vostri nidi vi accolgano alla fine dei viaggio!» Questa è la cosa da dire tra aquile beneducate.
«Che il vento sotto le vostre ali vi sostenga fin dove il sole salpa e la luna cammina» replicò Gandalf, che sapeva la risposta giusta.

A caccia di idee per il Castello di Ariis


Nuovo aggiornamento sull'impegno della Compagnia dello Stella a favore di un dibattito pubblico sulla destinazione d'uso di Villa Savorgnan Ottelio, ad Ariis di Rivignano Teor (Ud) e più in generale sulla valorizzazione dell'ambito del fiume Stella.
L'idea della Compagnia è fare della Villa (o sarebbe meglio dire Castello) un luogo di nuovo incanto, una wunderkammer enciclopedica dell'ambito dello Stella, un osservatorio in cui riannodare i fili delle storie e della cultura espressa nei secoli da questi territori.
Proprio in quest'ottica nel corso della settimana appena passata è stato diramato (a istituzioni, figure politiche, associazioni e media della regione Friuli Venezia Giulia) un secondo comunicato di riflessioni e proposte riguardo a questi luoghi; un articolo sul Messaggero Veneto del 13 gennaio 2016 ha già amplificato questi spunti, ma mi piace condividere per intero il comunicato, che chiaramente per esigenze di spazio, nel quotidiano è stato stralciato in diversi passaggi.

Come si sottolinea nel comunicato, l'area del complesso castellano di Ariis è particolarmente densa di luoghi carichi di significato; per averne un'idea, anche per chi non abbia tanta dimestichezza con questi luoghi, è possibile rendersene conto già ad una prima occhiata "panoramica".


L'impegno della Compagnia dello Stella proseguirà nelle prossime settimane, in attesa della divulgazione del bando di idee promesso dall'amministrazione di Rivignano Teor, con nuovi approfondimenti e un cammino che porti a dettagliare le linee generali di pensiero fin qui espresse in un progetto organico e realizzabile.

Di quadri, canguri e storie


Non dirò niente di terribilmente nuovo, sia chiaro, ma negli ultimi giorni mi è sorta una riflessione interessante riguardo alle immagini e alle storie che raccontano.

Qualche giorno fa mi è capitato di rivedere, condivisa su Facebook da un'amica, la foto qui sopra, che a dicembre 2014 fece il giro del mondo (originariamente postata su Twitter dall'account Gary Pikovsky @DesignTimes); si vedono alcuni ragazzi di una scolaresca tutti intenti a smanettare i loro smartphone. E fin qui si tratta di una scena quotidiana, basta guardarsi attorno. Il particolare che stona è che dietro di loro campeggia un quadro molto famoso, "La ronda di notte", opera dell'olandese Rembrandt Harmenszoon Van Rijn. Molti commentatori si sono scandalizzati, indignandosi per l'atteggiamento di questi giovinastri di fronte alla Bellezza, rappresentata dal quadro. Massimo Mantellini, qui, disse qualcosa di sensato.
Adesso, a parte che uno può essere interessato o meno ad un quadro, quello che non dovrebbe affatto scandalizzare è che dopotutto l'intera discussione a riguardo di questa foto è nata e si è svolta su internet, quindi attraverso strumenti come smartphone e personal computer, che tutti maneggiamo ormai di continuo.
Quello che è venuto in mente a me è che questa è solo una foto, e testimonia quindi solo un momento della visita di questi ragazzi al Rijksmuseum. Non sappiamo quello che hanno fatto prima e dopo, non conosciamo niente della loro storia, dei loro interessi, di quello che gli passa per la testa. Quindi, a parte che il quadro potrebbero averlo guardato per ore prima e dopo che il fotografo scattasse questa foto, quello che non possiamo sapere è che magari stanno tutti consultando il sito del Rijksmuseum di Amsterdam (molto bello e avantissimo) e utilizzando Google per sapere di più sulle opere esposte... Morale: una sola immagine raramente racconta TUTTA la storia e sarebbe bene coltivare il dubbio rispetto a tutto quello che vediamo.

Una cosa simile è accaduta anche con un'altra recentissima foto che ha fatto il giro dei social.


Un canguro maschio che piange la morte di una femmina di fronte al loro cucciolo?
Un canguro maschio che si accoppia con un canguro femmina morente (causandone la morte)?
Qui, naturalmente, non si tratta solo di tutti gli elementi della "storia" che ci mancano per giudicare cosa significhi realmente questa foto, ma anche di conoscenze rispetto all'emotività (se ne hanno una) e alla vita sociale dei canguri che come uomini non abbiamo. Antropomorfizzarli è roba che solo Walt Disney potrebbe permettersi (ho scoperto ieri il giudizio che Adorno aveva di Disney: "l'uomo più pericoloso d'America").
Comunque, cosa mi riprometto di fare, dunque? Coltivare il dubbio! E voi?

Non si sa perché


La vita sulla terra | non si sa perché
le tue labbra d'ape | non si sa perché
quando si spegne l'eco | non si sa perché
navi perse alle Bermuda | non si sa perché
la trascendenza di pi greco | non si sa perché
Lorne Malvo | non si sa perché
la scomparsa del mistero | non si sa perché
i morti sottoterra | non si sa perché
il cerchio che non quadra | non si sa perché
tu che lasci me | non si sa perché

Tesori [racconto in italiano]


Riposa per asciugarsi. È sudatissimo. I piedi sprofondati nel fango. Credeva che sarebbe andata al contrario, che questa sarebbe stata la parte più semplice: scavare la fossa. Pala e piccone, piccone e pala. E fatica, tanta fatica. Pala, piccone e fatica. Non è abituato a tutto quel movimento. Arrivare fino a quel punto è stato un gico in confronto. Seguire l'istinto e dire addio a tutti i pensieri, per sempre.
Quanto ha scavato? Quanto manca? È abbastanza fondo? Fatica!
La pala sbatte contro qualcosa di duro. Cos'è?
Non ci vogliono contrattempi proprio adesso, adesso che ci si deve sbrigare, che qualcuno non si accorga che lui non è più nella sua stanza. Ma cos'è? Accende la torcia elettrica e un raggio di luce cade sullo spigolo di ferro di un grande baule di legno.
Anima mia, dovrai aspettare ancora un momento prima di riposare: la tua fossa nasconde delle sorprese... Scava, gratta, raspa e le forze sembrano tornare tutte in una volta
, come se non fosse in piedi da più di trentasei ore a cercare di mettere a posto tutto quel casino, tutto quello che gli si agita dentro. Scoprire il suo tradimento, andare a trovarla facendo finta di nulla, parlarle, accarezzarla, minacciarla, stringerla, stringerla forte. Lei era il suo tesoro, e i tesori spesso finiscono nelle casse.
La cassa che adesso ha trovato è antica, tutta di legno e piena di borchie annerite dal tempo. Come quelle che si vedono nei film di pirati! Prende il baule per i manici e con sforzo lo tira su, senti come pesa, sarà pieno di lingotti d'oro? Forza! Oooh issa! Lo appoggia sull'orlo della fossa e poi si tira su anche lui. Guardata dall'alto non sembra neanche una buca tanto grande.
Un colpo di piccone e il lucchetto, mangiato dalla ruggine, salta via.
Una spinta al corpo e lei cade nella buca: un tesoro al posto dell'altro.


Ho scritto "Tesori" in friulano ed è pubblicato qui su Contecurte, l'osteria letteraria di poche parole; ho pensato di tradurlo in italiano perché lo potessero leggere più lettori.


Photo Credit: Scuolesancarlo via Compfight cc

"Baldus", primo esperimento


Circa due settimane fa ho terminato la prima stesura di un testo al quale mi sono dedicato, fra ricerca d'archivio e riflessione, negli ultimi due anni: Baldus. Ne è venuto fuori un testo teatrale, strano, ancora non definitivo e che non vedo l'ora di confrontare con la vita vera della scena. Riassumendola molto brevemente, si tratta della vicenda dell'ultimo condannato a morte in Friuli, nel 1839. Angelo Balduzzo (Baldus) era un giovane disperato della mia cittadina, Codroipo in provincia di Udine, che accoltellò e uccise il sacerdote Giovanni Bianchi.
Ma da diverso tempo sto anche pensando a dare a questa storia una forma a metà fra il saggio e il romanzo, perché tanto del materiale che ho accumulato è rimasto fuori dal testo teatrale (per necessità di tempo e di spazio teatrale, che costringono all'essenzialità).
Faccio un esperimento e pubblico qui uno stralcio di questo secondo progetto del 2016. Si tratta dell'inizio della prima stesura del Prologo. Se i lettori di questo blog sono così cortesi, gradirei avere da loro qualche impressione a riguardo. Grazie.

Baldus
Prologo

Questa storia me l'ha raccontata Franco.
Franco l'aveva ascoltata dalla bocca di sua madre, che a sua volta l'aveva ascoltata dalla sua nonna. La madre della nonna di Franco sapeva la storia perché c'era quando si svolse e conobbe di persona il suo protagonista. Ecco perché io adesso la scrivo, per far parte di questa lunga narrazione e per dimostrare – mettendola nero su bianco – che essa è vera ed è viva.
Questa storia, dunque, non è finita con la morte del suo protagonista e non finirà nemmeno con l'ultima pagina di questo mio racconto, perché ci sarà qualcun altro che potrà raccontarla ancora.
Ma se questa storia non finisce, da qualche parte deve pur cominciare. E allora facciamola cominciare dalla sua leggenda: la leggenda del bandito Balduzzo. Una leggenda che viene da una storia vera, come lo sono tutte quelle storie che i nonni raccontano ai bambini quando li portano ad Udine. Le hanno raccontate a Franco e prima ancora le hanno raccontate anche a un altro bambino, Elio. Attila e la collina del Castello fatta sù dai suoi soldati un elmo di terra dopo l'altro; la Madonna delle Grazie, i suoi miracoli e l'armatura maledetta del Conte infernale; gli Ebrei e la loro “androna”; il “Comando Supremo” e i suoi imboscati... Elio quand'è diventato grande, tante di queste storie le ha scritte, e in un suo libro ha parlato anche di questa. Perché a lui, quando andava ad Udine cun sua nonna, quello che gli interessava di più era solo andare a vedere il campo dove avevano impiccato Baldus, originario di Codroipo proprio come lui: il “cjamp dal picjât”!

Photo Credit: Andrea Carloni (Rimini) via Compfight cc 

Educazione. L'ottava puntata di "Omuncoli" è online!



Non lasciando passare le solite ere geologiche fra una puntata e l'altra, ecco qui l'ottava parte di "Omuncoli", il racconto di fantascienza che sto scrivendo sulla piattaforma THe iNCIPIT. La roba figa di questo sito è che la storia la possono influenzare anche i lettori, votando alla fine di ogni puntata come vogliono che prosegua la storia. Potete farlo anche stavolta, ed è la penultima perché ci avviamo alla fine.

Photo Credit: Teahoshi via Compfight cc

Occhi nuovamente incantati su Villa Savorgnan Ottelio


Anche su "Il Gazzettino" di oggi, 11 gennaio 2016, Walter Tomada riporta le proposte-guida della compagnia dello Stella riguardo alla destinazione d'uso della bellissima Villa Savorgnan Ottelio di Ariis di Rivignano Teor (Ud). Ma intanto altra carne viene messa al fuoco, nuovi spunti per una riflessione condivisa sono stati lanciati nel dibattito e speriamo portino presto a maturare importanti considerazioni. E' necessaria una progettualità che faccia della Villa un osservatorio sulla Bassa Friulana, contemporaneamente luogo di memoria e di fascinazione per il futuro.

"Lasciate un messaggio": il primo progetto del 2016


Il 2016, me lo sento, sarà un anno creativo, o almeno io mi impegnerò per realizzare quanti più progetti possibili! Quindi iniziamo subito col piede giusto, presentando questo cortometraggio che vedrà la luce molto probabilmente già a fine gennaio. S'intitola "Lasciate un Messaggio" ed è stato girato dai corsisti del Laboratorio Audiovisivi Friulano fra novembre e dicembre scorsi, guidati dalla regia di Marco Fabbro. Io ho scritto la sceneggiatura Giacomo Trevisan.

Di cosa parla il film?

Beh, c'è una donna che parla al telefono in riva al mare (siamo tornati a Lignano, dove si sono svolte anche le riprese di Pixellòve, nel 2013). L'attrice è la bravissima Natalie Norma Fella, milanese trapiantata ad Udine, che vi assicuro ha dato una grande prova interpretativa. Ma a chi parla la nostra protagonista col sottofondo delle onde? Le sue sono parole che cercano una riconciliazione, ma prima cos'è accaduto? Non lo sappiamo. Sappiamo solo che ora è importante perdonare e farsi perdonare.
Sarebbe dannoso svelare di più, perché il corto è davvero corto. Insomma, un po' di pazienza, basta aspettare ancora un po' e sentirete questo "messaggio".

Nel frattempo, mentre attendete, perché non dare una sbirciata alle foto del backstage e cliccare "mi piace" alla pagina dedicata al corto su Facebook?

La brutta addormentata nel bosco (seconda parte)


Qua sopra, la più brutta del reame in un disegno di Caterina Santambrogio


Arrivò la notte e la principessa non tornava a palazzo. Allora il re mandò le guardie a cercarla in tutto il reame, ma nessuno la trovò.
Qualche giorno dopo un principe ghiotto di fragole, passeggiava per il bosco. Cercava di consolarsi mangiando quei dolci frutti selvatici perché era stato da poco rifiutato da una principessa di cui si era invaghito. Infatti non era proprio bellissimo... anzi, era proprio bruttarello (ma tanto di buon cuore, bisogna aggiungere).
Mangiò fragole, more e lamponi e si impiastricciò le mani. Quando decise di avvicinarsi al fiume per ripulirsi vide la brutta principessa addormentata sulla riva. Era la più brutta che avesse mai visto! Per l'emozione svenne e cadendo a terra come morto cozzò con la testa contro quella della principessa, risvegliandola.
Ancora frastornata dalla botta la principessa vide il suo salvatore: era bruttissimo, non brutto quanto lei, ma quasi. Fu amore a prima vista.
Lo risvegliò con un bacio e... E non accadde nulla! Nessuno dei due diventò più bello di prima. Cosa pensavate? Solo si scambiarono un lunghissimo sguardo innamorato.
Mano nella mano tornarono a palazzo dove in capo a pochi giorni si festeggiarono le nozze dei principi più brutti e più felici di ogni storia.
Fine.

La brutta addormentata nel bosco (prima parte)


La brutta principessa è un disegno di Caterina Santambrogio


C'erano una volta un re e una regina che da sempre avrebbero voluto avere una figlia. Un giorno, finalmente, ne nacque loro una. Era brutta, bruttissima e anche un po' pelosa.
Tutti quelli che vedevano la bambina scappavano e, inorridendo, pensavano che era davvero la più brutta del regno, più brutta di ogni altra bambina fosse mai nata fino ad allora.
Nonostante ciò il re e la regina erano molto orgogliosi e organizzarono un grande ricevimento al palazzo reale. Gli inviti furono spediti in ogni angolo del reame, ma nessuno si presentò il giorno della festa.
L'unica a bussare alla porta del palazzo fu una vecchia strega che da sempre si vantava di essere in assoluto la più brutta del reame, ma si era vista spodestare dalla nascita della piccola principessa.
Quando vide la bambina e si rese conto che era davvero molto più brutta di lei, si infuriò a tal punto per la perdita del primato che, alzando le mani tremolanti, predisse che all'età di vent'anni la principessina si sarebbe specchiata e alla vista della propria immagine riflessa si sarebbe addormentata per sempre. Solo un principe avrebbe potuto risvegliarla. Ma quale principe avrebbe mai voluto anche solo avvicinarsi ad una principessa tanto brutta? La strega sparì in una nuvola di zolfo ghignando diabolicamente.
Preoccupatissimi per la maledizione, il re e la regina fecero distruggere tutti gli specchi del reame (con grande disappunto di barbieri, sarti ed estetisti).
Così passarono gli anni e la principessina crebbe, diventò grande, ancora più brutta e pelosa.
Il giorno del suo ventesimo compleanno passeggiava per il bosco in cerca di frutti selvatici di cui era molto ghiotta. Mangiò fragole, more e lamponi e si impiastricciò tutte le mani. Per lavarsi andò al fiume e sporgendosi oltre la riva per immergere le mani nell'acqua si vide riflessa come in uno specchio. Fino ad allora non si era mai vista. Lo shock fu così forte che la principessa pelosa svenne, cadendo di colpo in un sonno profondissimo.

Odio le persone (siamo tutti sulla stessa barca)


Odio le persone.
Stupidità dilagante, niente sensibilità, ostinazione e cecità, indifferenza verso tutti e tutto, sciocchezze, scuse inventate per distrarci e auto-assolverci quando ignoriamo il fatto che siamo tutti sulla stessa barca.
“Siamo tutti sulla stessa barca” è un proverbio – ne sono certo – inventato da Noè in persona. Immagino l'antico patriarca svettare in cima al cassero dell'Arca, a impartire ordini concitati alla sua piccola ciurma familiare, nel bel mezzo del nubifragio voluto dal dio vendicativo dei Padri. Il rischio è quello di essere spazzati dalle ondate gigantesche che fanno vibrare i fianchi della nave, di essere sbalzati in acqua dalla furia degli elementi. “Tutti devono collaborare – continua ad urlare Noè, lo sentite? – perché in quest'Arca siamo pochi, mentre essa è grande, ed è di tutti ma anche di ciascuno!” Avrà visto uno dei figli, una nuora o un nipote viziato attardarsi nel mettere in sicurezza una vela o nell'eseguire una manovra necessaria alla stabilità del timone, o – peggio – darsi per vinto di fronte alla forza della Natura. Ma non si può, bisogna collaborare perché “siamo tutti sulla stessa barca”. La salvezza non può che essere di tutti e per tutti. Così la barca continua il suo viaggio.

Odio le persone.
Perché è sempre un rischio averci a che fare, perché non fanno mai quello che è giusto, perché anch'io sono come loro. Siamo tutti sulla stessa barca, del resto. La saggezza popolare che ci ha sostenuto per lunghi millenni, i ritmi della vita sono perfetti perché naturali, perché necessari. Oggi è tutta una sciocca superstizione: bello il vivere sano, ma solo secondo “le moderne teorie e i dettami della scienza”. Quello che è stato lo buttiamo via tutto, in blocco, come nulla fosse, perché sennò ci scappa da ridere. Siamo così rincoglioniti da tutte le sovrastrutture che abbiamo creato per renderci facile la vita che non sappiamo più dire “perché?”. Non ci interessa nemmeno cercarlo questo perché (fondamentale è cercare, non trovare). Sappiamo cosa, come, quando. Non sappiamo tutto, ma sappiamo tanto. Eppure abbiamo perso di vista il perché. È una domanda che ci suona stonata, fuori luogo; richiederebbe troppo tempo cercare la risposta ad una domanda così, di tempo non ne abbiamo, non ce n'è. Abbiamo da fare, siamo tutti indaffaratissimi. La barca va, ma non sappiamo più dove. È il perché che non ci appartiene più. Ma il perché è il senso, è la direzione. Persi, smarriti.

Odio le persone.
Ma amo gli esseri umani. E vorrei salvarli tutti, vorrei capire se davvero hanno bisogno di essere salvati, e vorrei trovare le parole per rendere chiaro tutto questo, vorrei spiegarlo a tutti, vorrei trovare le parole per parlare al cuore di ciascuno.


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Ho scritto questo testo nel 2013, a corredo di un progetto che ancora non ha visto la luce, ma che dovrebbe avere il titolo "Andiamo a mangiare la pajata": un viaggio a piedi da Friuli e Veneto assieme all'artista Alberto Condotta per andare a mangiare a Roma questo piatto antichissimo e popolare, ma oggi incredibilmente esotico, incontrando altre vite lungo il cammino.

Di un castello si tratta


Ho un'inclinazione a farmi coinvolgere in progetti donchisciotteschi. Ecco perché incontrando Ottorino non ho saputo dirgli di no quando me ne ha proposto uno.
Ottorino è stato un bambino, ed ha vissuto il fiume Stella come la sua leggenda personale: quella che ciascuno di noi intesse con le persone della sua vita, i luoghi che esse abitano, le storie che vive e che ascolta. Al centro, come ogni buon cavaliere che si rispetti, Ottorino vi ha posto il suo castello. Il castello non è davvero suo, ma è suo perché dentro ci ha abitato la sua fantasia; forse ne ha esagerato alcuni aspetti, non dico di no, ha creato una storia sua, ma gli si è così legato da avervi nascosto se stesso da bambino.
Spero di non parlare per enigmi, vorrei affascinare, ma anche essere chiaro.
Il castello c'è davvero, ora lo chiamano Villa Ottelio Savorgnan. Ho scoperto che i nomi delle ville vengono creati accostando (nel caso ce ne siano) il cognome dell'ultima e della prima famiglia dei proprietari, come accade in questo caso. Ora lo chiamano Villa, sì, ma di un castello si tratta! Il Castello di Ariis, che è il paesino in cui si trova (nel comune di Rivignano Teor (Ud).
L'idea di Ottorino è quella di far rivivere quell'incanto che lui, vivendoci da bambino fino alla maturità, ha sempre provato, mentre ora - da cinquant'anni - quello stesso luogo è in stato di quasi totale abbandono.
Abbiamo così scritto una prima proposta, inviata ad istituzioni, media e operatori culturali del Friuli Venezia Giulia: potete leggere qui l'articolo uscito sul mensile del Medio Friuli "Il Ponte" e qui l'articolo apparso sul Messaggero Veneto.
L'accoglienza è stata incoraggiante, soprattutto dal punto di vista istituzionale, con un'attenzione immediata da parte dell'amministrazione comunale di Rivignano Teor (diventata da pochi mesi la proprietaria del complesso di edifici e dei terreni della Villa), e anche amplificata dalla mia partecipazione ad un dibattito radiofonico su questo tema a RadioSpazio103, poco prima di Natale.
L'esito di questi nostri sforzi è che ora l'amministrazione promulgherà un bando per raccogliere idee su cosa debba diventare questo luogo, cuore dello Stella, il fiume più sospirante del Friuli. Noi siamo pronti a mettere in gioco le noste idee, convinti che
dobbiamo tornare a guardare Villa Otellio con occhi nuovamente incantati, cioè con una rinnovata concezione della sua condivisione. Nessuna strategia basata strettamente o generalmente sul calcolo dell'utile, sull'interesse personale o sulla razionalità potrà sopravvivere, nei prossimi anni, all'attacco del pensiero unico, uniformante e finanziario dell'attuale modello economico. Solo il re-incanto può farci compredere che questi luoghi, la Villa, la popolazione e il territorio che per secoli sono stati in relazione con essa, sono già meravigliosi per il solo fatto di esistere, e come tali sono degni del tipo di rispetto ed amore che non può consentire la loro capricciosa, inutile e insensibile dispersione. Non si combatte per ciò che non si ama.

A scuola di Omuncoli. La settima puntata di "Omuncoli" è online!


Dopo innumerevoli mesi e molto colpevolemente, riprendo il filo di questa storia. Si intitola "Omuncoli" e, detto in super riassunto, parla appunto di loro.
Link al quale, se per caso siete rimasti indietro, potete recuperare anche tutte le sei puntate precedenti. Non si dimenticate, a fine lettura, di votare il vostro proseguimento di trama preferito, perché la figata di THe iNCIPIT è appunto il fatto che i lettori possono influire sull'andamento della storia grazie ai loro suggerimenti.

Gli Omuncoli sono l’ultimo prodotto del mercato interplanetario di giocattoli, e Manfred ne desidera tantissimo uno. Ma gli Omuncoli sono anche degli esseri viventi con particolari inclinazioni (create da un condizionamento). In questa puntata, dopo averne acquistato e risvegliato uno che ha chiamato Orwell in onore di George Orwell, il protagonista del racconto, un bambino di dieci anni di nome Manfred, lo porta a scuola.

Photo Credit: Ivan Minuti via Compfight cc

Tre poesie in friulano


I soi di bessôl
i ai di usâmi a cheste idee
che no le cjati
une altre come te
cence colpe di nissun
i ai pierdût il troi pal to cûr
e cumò mi pierd intal soreli

Sono da solo | devo abituarmi a quest'idea | che non la trovo | un'altra come te | senza colpa di nessuno | ho perso il sentiero per il tuo cuore | e ora mi perdo nel sole

***

Dì par dì
tu tu sês plui tu
e jo i soi plui jo
un cun chel altri
cun dut ce che a vûl disi
imparâ une lenghe gnove
voltâle par capîsi
fâ un discors
voi intai voi

Giorno dopo giorno | tu sei più tu | e io sono più io | insieme | con tutto ciò che significa | imparare una lingua nuova | tradurla per capirsi | fare un discorso | occhi negli occhi

***

Nuie di fâ

Disvolucin il nestri amôr
come un regâl tant spietât
gjoldint dal cricâ da la cjarte
de passion sot lis nestris mans
di frutins golôsis.

Dentri al è alc che al lûs
cun cuatri voi, dos bocjis, cuatri
mans, cuatri orelis, cuatri
gjambis ma dome
un cjâf e un cûr,

alc che al somee a un spieli
e funzione dome se si cjalìn intai voi
distirâts intun prât, ducju doi,
vistûts, cence nuie di fâ: cussì
tu tu mi muardis la barbe e

jo ti cjapi la man, i ti ven dongje,
tu tu scjampis vie fasint fente
di resisti al me abraç che a ti ten
sgardufâde strente a me a
volê, spetâ, gustâ.

Mi ven di fevelâti cui voi e
“Soi to, nol è nuie di fâ – ti dîs –
tu sês tu il me nuie di fâ
chel preferît che i ai voe
di fâ ben dispes.”

Scartiamo il nostro amore | come un regalo tanto atteso | godendo dello scricchiolio della carta | della passione sotto le nostre mani | di bambini golosi. || Dentro c'è qualcosa che riluce | con quattro occhi, due bocche, quattro | mani, quattro orecchie, quattro | gambe ma solo | una testa e un cuore, || qualcosa che sembra uno specchio | e funziona solo se ci guardiamo negli occhi | distesi in un prato, tutti e due, | vestiti, senza niente da fare: così | tu mi mordi la barba e || io ti prendo per mano, ti vengo vicino, | tu scappi facendo finta | di resistere al mio abbraccio che ti tiene | scompigliata stretta a me a | volere, aspettare, gustare. || Mi viene da parlarti con gli occhi e | “Sono tuo, non c'è niente da fare – ti dico – | sei tu il mio niente da fare | quello preferito che ho voglia | di fare più spesso.

===
P.S. Non sono proprio stra-sicuro della grafia che ho utilizzato, ma in questo momento non mi interessa; mi basta scrivere per chi ho a cuore e dare una risposta a quelli che dicono che in friulano non si può parlare d'amore.

Fraintesi

Anton Čechov

Siamo noi che non ci sappiamo spiegarci bene o sono gli altri a non capirci? A me viene spesso questo dubbio, perché mi rendo conto di essere spesso impreciso o, peggio, poco voglioso di spiegarmi. Spero sempre che siano gli altri a capirmi. Dobbiamo pensare ad un concorso di colpa?

Mi vengono in mente due esempi.
La prima lettura di un'opera teatrale viene fatta dal suo autore - il drammaturgo - che interpreta tutte le parti dinnanzi alla compagnia che poi dovrà metterla in scena. E' una specie di test. (Nessuno sembra badare al fatto che il peggior interprete è proprio colui che scrive le parole, a quanto pare.)
Così non dobbiamo pensare che, come racconta Stanislavskij, alla fine della prima lettura di Tre sorelle gli attori piangessero ed esclamassero "che dramma!" e "che tragedia!" per la scarsa performance di Anton Pavlovic Cechov.
Lui, tuttavia, ci rimase malissimo. Senza dire una parola si alzò e uscì dal teatro. Stanislavskij - che avrà avuto tanti difetti, ma sicuramente era molto empatico - lo rincorse fino a casa e lo trovò disperato: Checov aveva voluto scrivere un vaudeville e gli attori lo prendevano per un dramma?!
E non che la cosa cambiasse con gli anni o con altre commedie (come l'autore definì sempre Tre sorelle e Il giardino dei ciliegi - ah ah ah, sai che risate...). Anton Pavlovic non poté mai darsi pace che il Teatro dell’Arte di Mosca recitasse in chiave drammatica i suoi lavori.
In una lettera del 10 aprile 1904 ad Ol'ga Leonardovna Knipper, compagna di una vita, a proposito del Giardino dei ciliegi scriveva:
Perché sugli affissi e negli annunzi dei giornali il mio lavoro è chiamato dramma con tanta insistenza? Stanislavskij vi vede tutt’altra cosa da ciò che ho scritto, e son pronto a giurare che non ha letto nemmeno una volta con attenzione la mia commedia.
Ma d'altra parte, senza le messe in scena di Stanislavskij, Cechov avrebbe inciso nella stessa maniera nella storia del teatro? Chi ha frainteso chi?

E cos'avevano letto i giovani di tutta Europa, affetti dalla Werther-Fieber ("febbre di Werther") che erano corsi a comprare abiti e accessori per assomigliare al protagonista dell'ultimo romanzo alla moda? Volevano assomigliare a Werther? A un disadattato incapace di gestire i propri sentimenti?
Goethe aveva voluto scrivere un romanzo complesso, specchio della sua epoca così complessa, non Novella2000! Eppure aveva finito con lo scrivere anche quello. E allora, chi ha frainteso chi?

È uno sforzo infinito quello di farsi capire, perchè noi siamo e non-siamo l'altro, perché il linguaggio crea la realtà ma al contempo la modifica. È uno sforzo farsi capire, ma io ne ho voglia.

Immagine: Anton Tschechow di Scanned by User:Gabor from Bibliothek des allgemeinen und praktischen Wissens. Bd. 5 (1905), Abriß der Weltliteratur, Seite 85. Con licenza Pubblico dominio tramite Wikimedia Commons.

Il fare, le storie e una benedizione


Durante lo scorso dicembre ho letto una trilogia meravigliosa di cui avevo sempre sentito parlare come “letteratura per ragazzi”, ma che in completa discordanza con grafica, presentazione ed editore, si è rivelata tutt'altro. Si tratta di “Queste oscure materie” del britannico Philip Pullman, composta dai libri: “La bussola d'oro”, “La lama sottile” e “Il cannocchiale d'ambra”. Non che io sia tanto avanti nel mio cammino, ma i temi e lo stile con il quale vengono trattati, rischiano di confondere un lettore alle prime armi. Quello che probabilmente inganna è l'impostazione fantasy dei romanzi, ambientati in parte o completamente (come nel caso del primo) in mondi paralleli o sovrapposti al nostro come se si trattasse di foto sfocate. Al centro della vicenda vi è la Polvere, misteriosa e pervasiva sostanza cosmica vagamente apparentata con la materia oscura della cosmologia contemporanea. (cito da Wikipedia) Tale sostanza ha anche a che fare con la facoltà di concepire pensieri originali e sviluppare una personalità indipendente, facoltà che il Magisterium, chiesa vocata al dominio universale ed al culto di un essere supremo chiamato Autorità, per definizione avversa e combatte.
Tralascio di raccontare tutto per filo e per segno, anche se la narrazione e i temi che sviluppa sono molto interessanti, pongono domande importanti a tutti sulla libertà e sul proprio compito nella vita. Ma è sull'ultimo libro che mi soffermo, dal momento che vi ho trovato due passi che mi sono piaciuti tantissimo e che trovo utili in questo passaggio della mia vita. Il primo parla di possibilità:

Will pensava al da farsi. Quando si sceglie una via fra tante, tutte quelle che non s'imboccano si cancellano come fiamme di candela spente, quasi non fossero mai esistite. In quel momento, in Will convivevano tutte le scelte possibili. Ma tenerle in vita tutte significava non fare niente. Doveva scegliere e basta. (p. 27)
Scegliere significa fare. E per me fare significa essere. Sono convinto di conoscermi sempre meglio attraverso quello che faccio, perché facendo scelgo di preferire una via rispetto ad un'altra, in modo il più coerentemente possibile con i passi che ho fatto in precedenza, accumulando esperienza. E che le mie azioni siano buone lo verifico attraverso i loro frutti, su di me (in modo molto epicureo, se vogliamo, giudicando se ne traggo godimento) e sugli altri. È questo l'unico modo che ritengo di avere a disposizione per incidere nella realtà, e se sono qui sono fermamente convinto di dovervi incidere.

Direttamente connessa a questa c'è un'altra citazione che mi ha folgorato. [Potrebbero esserci spoiler] I protagonisti, Will e Lyra, nel corso delle loro avventure si trovano a dover sprofondare nel mondo dei morti dal quale apriranno una finestra su un nuovo mondo dando la possibilità a tutti gli spiriti di scegliere se rimanere nell'aldilà o dissolversi rientrando a far parte del ciclo vitale di tutti i mondi, tornando a far parte della Polvere e così della Vita. Per ammansire le arpie, che come nell'inferno dantesco sono a guardia di una zona di quel mondo, Will e Lyra (ma soprattutto Lyra, che per tutti e tre i romanzi ha dalla sua questa straordinaria capacità di racconto, anche se spesso ricco di fantasiose bugie) raccontano loro delle storie, come dovranno fare da quel momento in poi tutti gli spiriti che vorranno transitare verso la finestra.
«E se lo facciamo» disse Will con voce tremula, «se viviamo saggiamente le nostre vite, se non le viviamo distrattamente, allora avremo anche qualcosa da raccontare alle arpie. È questo che dobbiamo dire alla gente, Lyra.»
«Sì, per avere storie vere da raccontare» disse lei, «le storie vere che le arpie vogliono in cambio. Sì, perché se la gente vive un'intera vita senza aver niente da raccontare alla fine, allora non lascerà mai il mondo della morte. È questo che dobbiamo dire a tutti, Will.» (p. 424)
Da qualche anno anch'io ho fatto questa scelta di raccontare storie. Cerco di farlo sempre meglio, perché sento che è questo a dare senso all'esistenza. Trovarlo scritto mi ha confermato in questa convinzione.
Poi la citazione continua e per me in questi giorni è terribilmente vera, perché mi trovo in una situazione simile: anch'io ho ricevuto una benedizione che mi è stata tolta, senza che la colpa sia di nessuno, e non so che fare se non disperarmi senza che questo cambi nulla.
«Da soli, però...»
«Sì» disse lei. «Da soli.»
E a quella parola, 'soli', Will sentì che un'ondata di rabbia e disperazione sgorgava da un punto pronfondo dentro di lui, come se la sua mente fosse un oceano agitato da qualche profondo sommovimento. Per tutta la vita era stato solo, e adesso doveva tornare a esserlo, e quella benedizione infinitamente preziosa che lo aveva toccato doveva essergli immeditamente tolta. Sentì l'onda crescere e salire fino a oscurare il cielo, ne sentì la cresta tremare e cominciare a rompersi, sentì la gran massa precipitare, spinta da tutto il peso dell'oceano, contro la costa rocciosa di ciò che doveva essere. E si ritrovò a singhiozzare e tremare e urlare di rabbia e di dolore come non gli era mai successo prima, e scoprì Lyra inerme al pari di lui tra le sue braccia. E quando l'onda ebbe esaurito la sua forza e l'acqua si ritrasse, le rocce nere rimasero; non si poteva discutere con il fato: la sua disperazione e quella di Lyra non le avevano smosse di un centimetro. (p. 424 – 425)
Fare. Storie. Benedizione. Perché scrivo tutto questo? Cercherò di connettere queste tre parole, dargli senso in una frase. Che il fare storie diventi una benedizione.

Le citazioni sono tratte da P. Pullman, Il cannocchiale d'ambra, Salani Editore, Milano 2001.

2015: e ora?


Sì, in realtà sarebbe stato meglio scrivere questo post prima della fine del 2015 (come ero riuscito a fare nel 2014, qui), così da poterci mettere dentro tutte le attese, tutte le speranze che l'arrivo dell'anno nuovo si porta dietro. Fare il punto di quello che uno vorrebbe buttare per far spazio alle cose nuove e belle che speriamo arrivino.
Però non ce l'ho fatta, le cose stanno così, andiamo avanti e vediamo un po' cos'è successo di bello in questo blog durante l'anno appena trascorso.

Dopo avergli dedicato tutto il 2014, all'inizio del 2015 sono riuscito a pubblicare (grazie all'aiuto di più di settanta lettori) la raccolta di flash fiction "Stati d'amore"!! A proposito, si avvicina San Valentino, festa per cui "Stati d'amore" è praticamente un vangelo: potete permettervi di non regalarlo? Ma certo che no! Acquistatelo, allora!
Le presentazioni di "Stati d'amore", il reading live che assieme al chitarrista Kevin Venier portiamo là dove c'è più bisogno d'amore, ha già toccato Codroipo (Ud), Valvasone (Pn), Ampezzo (Ud), Camino (Ud), Casarsa della Delizia (Pn), Udine, Zoppola (Pn) a cui seguiranno in questa prima parte di 2016 nuove puntate a zonzo per il Friuli!

Se vogliamo cominciare coi buoni propositi per il 2016, io ho il primo, ed è grande più o meno come una casa: finire il racconto "Omuncoli", che langue ormai da troppo tempo sulle pagine di THe iNCIPIT! Intanto tu puoi metterti al passo con le puntate precedenti, leggendo il racconto qui!

Aprile non è stato un mese particolarmente prolifico di scritture, un tantino meglio è andata a maggio, con queste due poesie che ho immaginato come due atti molto concreti, non solo perché parlano della realtà, ma perché vorrebbero incidere su di essa: "In un universo in espansione" e "hai detto Veneto?"

Andiamo veloci: giugno e luglio li saltiamo, mentre è bene fermarsi ad agosto. È successo ciò che non mi succedeva da taaaanto tempo: ho conosciuto una persona che per me
non era affatto come tutte le altre
e con la quale fino ad oggi iniziavano
e finivano le mie giornate,
alla quale si riferivano
- nel loro sottofondo -
quasi tutti i miei pensieri.
Perché era bello pensarci insieme.
Ma è successo che, senza che nessuno volesse,
ho smarrito il sentiero per il suo cuore
e ora mi perdo nel sole.
Ho scritto per lei "In completo", ed era la prima volta che uscivamo e non sapevo come presentarmi e intuivo che forse saremmo stati completi insieme.

A settembre mi sono spaccato il trochite, che è un pezzettino dell'omero all'altezza della spalla. Fa male. Ed è noioso starsene a casa tanto tempo senza poter fare praticamente nulla. Così, nel frattempo, ho perfezionato un'invenzione prodigiosa, preziosissima nel caso uno debba far trascorrere - appunto - del tempo noioso: il Generatore di Proverbi (anche nella sua variante di Generatore di Auguri).

Che altro rimane? Qualche racconto in friulano che potete andare a recuperare su Contecurte e qualcuno in italiano, come questo - ad esempio - "La scomparsa delle ..." molto spassoso, a mio parere ed ispirato dall'opera di Daniil Charms. Fuori, eh?

E ora? Ora arriva il 2016. Buttiamo là qualche buon proposito?
1) scrivere ogni giorno, almeno un'ora al giorno
2) non strapparmi le pellicine dalle labbra
3) comunicare meglio con Stefania
Ok, non sono partito proprio col piede giusto, ma due obiettivi su tre possono essere comunque un buon risultato da conseguire! Buon 2016!

Photo Credit: il quaderno di alice via Compfight cc