Gli elefanti rosa fanno ridere!

Domani è il giorno della memoria, mi ha dato un profondo senso di disagio leggere che oggi inizia ad uscire in Germania il Mein Kampf a puntate.
Certo, si tratta di una pubblicazione scientifica, il tempo e la distanza storica e intellettuale dovrebbero aver neutralizzato la brutta retorica e le pessime idee del libro (idee che hanno già perso manifestamente nella Storia e non hanno quindi alcun valore come argomento o teoria).

Però poi guardo in giro, leggo del caso Vattani, delle manifestazioni di Forza Nuova e altre realtà inquietanti contro lo spettacolo di Castellucci e il dubbio ti viene (anche più di un dubbio) che basta queste forze sono in realtà ancora presenti nella società, quindi costantemente pericolose.

Sì, a me gli elefanti rosa fanno paura, perché la loro logica malata è priva di umanità, sono ridicoli in maniera terrorizzante. Come combatterli? Intanto cominciamo smascherando la loro natura da buffoni.

Un sopravvissuto da Varsavia, op. 46


Visto che ci stiamo avvicinando alla Giornata della Memoria ed è bene prepararsi (sia mai che incontrate Vattani e gli spiegate qualcosina su come funzionano le cose), vi propongo l'ascolto di questo oratorio, secondo me bellissimo, di Arnold Schönberg: Ein Überlebender aus Warschau Op. 46.
Questo il testo nella traduzione italiana. Buon ascolto.

Non posso ricordare tutto. Devo essere rimasto privo di conoscenza per la maggior parte del tempo. Ricordo soltanto il grandioso momento quando tutti cominciarono a cantare, come se si fossero messi d'accordo, l'antica preghiera che essi avevano trascurato per tanti anni, il credo dimenticato! Ma non so ricostruire come riuscii a vivere nel sottosuolo nelle fogne di Varsavia per un così lungo tempo.

Il giorno cominciò come al solito: sveglia quando è ancora buio. Fuori! Sia che tu abbia dormito o che le preoccupazioni ti abbiano tenuto svegli tutta la notte. Sei stato separato dai tuoi bambini, da tua moglie, dai tuoi genitori; non sai che cosa sia loro accaduto, come potresti dormire? Di nuovo le trombe: fuori! il sergente sarà furioso! Vennero fuori; alcuni molto lenti; i vecchi, gli ammalati; alcuni con agilità nervosa. Temono il sergente. Si affrettano quanto più possibile. Invano! Molto, troppo rumore, molta, troppa agitazione, e non svelti abbastanza! Il sergente urla: "Attenzione! Attenti! Beh, ci decidiamo? O devo aiutarvi io con il calcio del fucile? E va bene; se è proprio questo che volete!" Il sergente e i suoi aiutanti colpiscono tutti; giovani e vecchi, remissivi o agitati, colpevoli o innocenti. Era doloroso sentirli gemere e lamentarsi. Sentivo tutto sebbene fossi stato colpito molto forte, così forte da non poter evitare di cadere. Eravamo tutti stesi per terra, chi non poteva reggersi in piedi veniva colpito alla testa.

Devo essere rimasto privo di conoscenza. La prima cosa che sentii fu un soldato che diceva: "Sono tutti morti." Al che il sergente ordinò di farla finita con noi. Io giacevo da una parte semisvenuto. Era diventato tutto tranquillo, paura e dolore.

Fu allora che udii il sergente gridare: "Contateli!". Cominciarono lentamente e in modo irregolare Uno, due, tre, quattro. "Attenzione!" il sergente urlò di nuovo, "Più svelti! Cominciate di nuovo da capo! Fra un minuto voglio sapere quanti devo mandare alla camera a gas! Contateli!". Ricominciarono, prima lentamente: uno, due, tre, quattro, poi sempre più veloci, sempre più veloci tanto che alla fine risuonò come una fuga precipitosa di cavalli selvaggi, e tutto ad un tratto, nel mezzo del tumulto, essi cominciarono a cantare lo Shema Ysroël.

Ascolta Israele, il Signore è il Dio nostro, il Signore è uno. Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore con tutta la tua anima e con tutte le tue forze. E saranno queste parole che io ti comando oggi, sul tuo cuore le ripeterai ai tuoi figli e ne parlerai con loro, stando nella tua casa camminando per la via, quando ti coricherai e quando ti alzerai.

Dal diario di Anne Frank


Il Diario di Anne Frank lo avevo letto, come tanti (spero come tutti) alle medie, a spezzoni, perché bisognava. In questi giorni però sto lavorando a Venezia per la Giornata della Memoria (a cui dedicherò un po' di post in questi giorni) alla messa in scena della mono-opera di Gregori Frid omonima. Musica bellissima che consiglio a tutti di venire a sentire e vedere (domenica 29 gennaio, ore 20.00, Teatro Goldoni, ingresso gratuito).
Rileggendo il Diario sono rimasto stupito dalla sensibilità di questa ragazza. Non credo nemmeno di essere in grado di commentare, quindi riporto solo due stralci che trovo di una bellezza e verità inquietanti.

"La verità è che durante la giovinezza c'è molta più solitudine che in vecchiaia. I vecchi hanno le loro idee e non sono indecisi, non annaspano qua e là, perché sanno in che direzione va la loro vita. Per noi giovani è doppiamente difficile riuscire ad affermare le nostre idee in questi tempi, in cui tutti gli ideali si frantumano, in cui si ricomincia a dubitare della verità, della giustizia, di Dio! Non abbiamo più ideali, più bei sogni, più radiose speranze. E anche se ci nascono, subito vengono infranti dalla terrificante realtà."

"(...) io lavorerò per gli uomini. Ora so che il coraggio e la voglia di vivere sono la cosa più importante! Alla ricchezza e alla fama si può rinunciare. La serenità invece può sopirsi solo per brevi momenti, perché continuamente si risveglia, riempiendo di gioia la nostra vita.

Finché continueremo a guardare verso il cielo senza paura..."

Raccontare le storie


Raccontami una storia, raccontami la tua storia.
Ciascuno può constatare nella propria esperienza quanto sia fondamentale raccontarci la NOSTRA storia (ciascuno racconta costantemente la propria storia). Anche rappresentandoci la realtà nella sua forma "matematica", come espressione precisa di forze contrapposte e interagenti, quello che noi percepiamo è il succedersi "narrativo" dei momenti (la narrazione può anche essere non lineare, non per cause ed effetti, contemporanea).
Sapersi raccontare è quindi un'arma in più nella comprensione del proprio percorso e del proprio essere (essere in scena).
Mi ha sempre appassionato molto mettere in pratica questa possibilità del racconto come espressione (inevitabilmente di sè, ma man mano che la pratica avanza anche a livello più universale) e come strumento di costruzione tecnica dell'espressione teatrale, ma ultimamente attraverso la pratica del laboratorio-indagine sto riscoprendo concretamente questa piccola verità.

La contemporaneità ci impone l'immagine come strumento più adatto al racconto (penso alla quantità di macchinette digitali che si vedono in giro e alla caterva di fotografie aggiornate ogni momento su Facebook). Penso che sia bene andare contro questa tendenza, almeno nel nostro piccolo. All'attenzione estetica, vanno necessariamente associati anche lo scavo interiore, l'etica, il tempo.

Il dio denaro



Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. (Genesi, 1, 27)

Il denaro, invece, è l'immagine del liberalismo; vale a dire, è il tentativo di rendere acquistabile e disponibile la realtà con un mezzo che si è trasformato in qualcosa di sacro. (Julien Ries)

L'uomo creò il denaro
e ne fece il suo dio;
fece del denaro la sua immagine
anch'egli cosa fra le cose.

Nuove proposte commerciali


Qualche tempo fa è uscito il mio racconto "Nuove proposte commerciali" sul giornale letterario indipendente del veronese L'Osservatore.
Siccome sono un gran pigrone e pure distratto ve lo segnalo solo adesso.
Da qui potete leggere direttamente la rivista e naturalmente il racconto.

Ps. Grazie a Marco Bolla!

Il vuoto e la corda tesa


O Spartani, dove siete finiti?
Riempite la pancia costi quel che costi?

Uomini che valgono solo per quanto consumano
mi rivolgo a voi!
Voi che vedete solo quello che dovete vedere
a cui piace solo quello che deve piacere
radical chic, insomma
con voi non voglio più parlare di PROBLEMI PRATICI.

Ho concepito il mio ruolo (in particolare nei vostri confronti, ma non solo nei vostri) come quello dell'equilibrista nei confronti del vuoto e della corda tesa sotto i suoi piedi.
DEVO fondere teoria e pratica.


(So che sarò sempre una minoranza incontentabile e snobista)

Wim Wenders, chi era costui?


Ok, chiedo scusa da subito, a tutti coloro che si sentiranno urtati da questo post: SCUSATE!! Non vorrei essere così antipatico e precisino, no, non vorrei. Ma ci sono alcune cose sulle quali, ho deciso, è meglio non transigere e questa ritengo sia una di quelle. Mi spiego.

Non dico che tutti debbano conoscere l'intero scibile umano, non proprio tutto (magari quasi tutto). Comunque non tutti sono tenuti a sapere tutto. Questo è giusto puntualizzarlo.
Però se ti presenti a me come organizzatrice di eventi culturali o come giovane attore iscritto ad un'accademia teatrale (due casi umani veri che ho incontrato di recente), ecco, allora ci sono alcune cose che non puoi pensare di poter non sapere. Il mondo è pieno di bellissimi lavori nei quali non è richiesta una cultura (sia generale che specialistica) tanto sterminata, ma un lavoro che abbia a che fare con l'ambito culturale richiede per statuto una preparazione a tutto campo, completa e il più possibile dettagliata. Lo richiede per statuto perché quasi tutto è cultura e se hai scelto di averci a che fare non puoi ignorarne degli aspetti, perché non esistono in realtà compartimenti stagni fra le varie arti o all'interno del sapere. Inoltre, se hai scelto questa strada, DEVI essere CURIOSO! E quindi devi sapere, sapere e SAPERE!
Quindi se ti cito Wim Wenders, non puoi farmi la faccia stupita, come se ti stessi chiedendo se conosci mio cugino di terzo grado o l'ultimo dei poeti di corte della dinastia Tang!! Non puoi non saperlo!!! Non ti sto dicendo di recitarmi a memoria la sua biografia (ci mancherebbe, non la so nemmeno io e me ne guardo bene dal saperla), ma almeno fai finta, sorvola, glissa, abbozza, improvvisa, dimmi che lo conosci per sentito dire... e soprattutto non chiedermi candidamente: "Ma chi è Wim Wenders?"
Altrimenti vuol dire che stai buttando la tua vita.

Dono della profezia


Chiedono: a cosa siamo destinati?
Possiamo tentare d'indovinare
tracciando nuove linee della mano,
seguendo canti che sappiamo
senza aver imparato a memoria.

< 3 Spy Story


- Di quanto tempo hai bisogno?
- Un giorno... forse due... sì, meglio due, temo di essere un po' arrugginito con questo genere di cose.
- E va bene, due giorni, ma non di più.
- D'accordo.
- Sei sicuro di ricordarti come si fa? Quand'è stata l'ultima volta?
- Due anni fa ormai... A Venezia, ricordi?
- Ah, già certo!
- Anche se quella volta fu strano, sembrava non dovesse filare tutto così liscio.
- Beh, ma alla fine...
- Sì, alla fine tutto bene.
- E ora? Ti senti sicuro?
- Se sono sicuro? Io mi innamoravo che ero ancora bambino, sai?

Giornata di azioni simboliche


Ricordo tutto. L'atmosfera era diversa negli anni '90. Più tensione, penso. E anche dopo, negli anni subito seguenti, quando da qui sono uscito. Il tragitto in treno me lo ricordo identico, è comparsa solo qualche casa nuova o sono io che le vedo per la prima volta? Quando si è più giovani si bada ad altre cose.
Il tragitto a piedi invece è esattamente lo stesso. Se guardo il cielo. I negozi sono gli stessi e sono tutti cambiati. Mi sento di compiere un viaggio di rifondazione, dopo dieci anni di apprendistato lontano da qui, ritorno dove l'apprendistato è iniziato, a visitare i luoghi in cui sono stato adolescente, a rivedere la mia faccia, il mio corpo, in altre facce e in altri corpi.
E' una splendida giornata di sole, l'edificio, solenne e orgoglioso, sorge sul lato Nord Ovest della piazza più grande della città. A cosa pensavo quando facevo questo stesso cammino dieci anni fa? E' meraviglioso questo sole. Ragazze, progetti, fachenonmichiami. Probabilmente pensavo le stesse identiche cose di adesso.
Ma allora non sono cambiato?
Tutti mi riconoscono, tutti mi salutano. No, forse non sono cambiato. Forse non fuori; non dovrebbe essere una brutta cosa. Ma non so dire se sia un male o un bene. Forse sono maturato? Ho acquisito delle esperienze? Gli altri se ne accorgeranno?

Teatri musicali e scene sonore


All’inizio del Novecento il teatro musicale è il genere d’elezione nel quale riuscire a realizzare l’utopia wagneriana della Gesamtkunstwerk, l’opera d’arte totale; questa ricerca si è evoluta di pari passo con l’apparizione e lo sviluppo di nuove estetiche e linguaggi, scardinando la concezione classica della scena sonora: pensiamo al collage visivo, musicale e scenico di Parade: Prélude du Rideau Rouge (1917) di Erik Satie o alla concezione alla base de L’Histoire du Soldat (1918) di Igor Stravinskj, o di Wozzek e Lulu (1935) di Alban Berg: pur restando riconoscibili i connotati dell’Opera tradizionale ci troviamo di fronte ad un radicale rinnovamento di generi e linguaggi.



[estratto dalla tesi "Teatri Sonori: soundscape e scena contemporanea" per la Laurea Specialistica in Discipline dello Spettacolo dal vivo presso Alma Mater Studiorum – Università degli studi di Bologna, A.A 2010-2011]

I buoni propositi


E' iniziato un anno nuovo e io sono rimasto un po' indietro (sempre benedette siano le vacanze!). Bisogna recuperare il tempo perduto, con i post programmatici, i progetti futuri, gli impegni dell'anno nuovo. Non ho ancora letto Mr. Gwyn di Baricco (ieri la scelta era fra quello e Il Divoratore, anche per merito del prezzo ha vinto il secondo), ma so che lì c'è una lista di cose che il protagonista non intende più fare. Io al contrario, voglio una lista di cose che intendo fare. I buoni propositi.

1) fatti meno problemi
2) perdi meno tempo
3) concentrati su una cosa per volta
4) parla chiaro
5) pensa velocemente
6) non avere paura
7) abbi sempre cura di te stesso
8) sii gentile
9) contraddirsi non è un problema
10) memorizza
11) sii paziente
12) approfondisci
13) non indugiare
14) non ti compiacere
15) non leggere troppo
16) ogni giorno scrivi almeno un po'(st)
17) aiuta gli altri
18) ascolta attento
19) impegnati
20) sii disponibile
21) sii costante
22) rileggi gli appunti
23) cerca i collegamenti
24) imponiti delle scadenze
25) vai a dormire presto
26) fai meno, fai meglio
27) maledici la pigrizia
28) non ripeterti
29) non far passare un giorno senza prendere appunti
30) sfonda porte aperte

Sì, forse non li rispetterò mai, ma è bello averli qui davanti da leggere.