Il futuro è una terra da esplorare!

Quest'anno sono quattro anni che faccio l'educatore. Un mestiere mitologico: mezzo amico, mezzo esempio, mezzo animatore, mezzo insegnante, mezzo sostegno... a volte semplice ascoltatore di quello che accade a chi è attorno a lui. Un lavoro che mi piace un sacco, perché richiede di stare sempre con le antenne rizzate, gli occhi bene aperti, immaginare strategie nuove che siano efficaci a seconda della persona o del momento che ci si trova davanti, per provare ad orientarci un po' meglio.
(Un lavoro, bisogna anche aggiungere, che fino ad oggi ha avuto confini giuridici poco definiti, ma ora pare che sia in elaborazione una legge che dovrebbe ordinare il panorama; i tempi legislativi però sono ancora poco determinati.)

Oggi parlo del mio lavoro perché ultimamente, nell'ambito di un progetto per l'adolescenza svolto con ragazzi di una scuola media, ho elaborato assieme alla mia collega Barbara un percorso che mi è proprio piaciuto (ed è stato ben accolto dai ragazzi che hanno creato delle bellissime opere). L'idea di partenza è stata quella di immaginare il futuro come una terra sconosciuta, della quale sappiamo solo vaghe notizie, ma che prima o poi ci toccherà esplorare.
Così abbiamo proposto ai ragazzi di riflettere su paure e sogni che nutrono per il loro futuro, le aspettative e gli aiuti o capacità che sanno di avere a disposizione per questo viaggio. Passo passo, attraverso giochi e momenti di analisi, questi elementi sono diventati un immaginario di luoghi e hanno preso il loro posto sulla loro personale mappa fantastica del futuro.

Siccome sono convinto che non si possa proporre nulla che non si sia provato in prima persona (e che non si ritenga quindi valido per sé e solo poi per gli altri) anch'io mi sono cimentato nella mappatura della mia terra da esplorare, il mio futuro. Qui sopra vedete il risultato.
La mia partenza è da Casa, dal luogo in cui ci sono le mie radici, la mia famiglia, tutto il mondo di affetti e relazioni che ho costruito da quando ero bambino, oltreché il mio bagaglio culturale. La prima tappa corrobora questo punto di partenza poiché è un Ritrovo fiducioso, fatto di incontri per me importanti: qui tutte le persone che ho incontrato nella mia vita (di persona o in una storia, in un libro...) mi confortano con la loro presenza. Se avrò bisogno di un incoraggiamento passerò da qui. E ne avrò bisogno perché presto arriveranno le mie paure: quella di affrontare il Deserto dubbioso e poi più avanti la Palude della solitudine. E se i dubbi possono anche rappresentare l'occasione per intraprendere deviazioni a cui uno magari non aveva pensato (purché si sia provvisti di acqua a sufficienza per resistere!), la Palude è forse quello che mi spaventa di più: rimanere solo. Per questo vi ho messo attorno tanti "fortini" dai quali so di poter ricevere un aiuto: il Simpatico Luna Park (mia risorsa interiore), il Castello degli amici (dove si va senza?) e la Comunità indiana (nella quale si trova anche un totem, spirito guida, punto di riferimento).
Resta da parlare della meta. Un sole soddisfatto, il tepore, la realizzazione di tutti i progetti che ho in mente e che ancora mi arriveranno!
Ecco, questa è la mappa del mio futuro. Volete provare a disegnare la vostra?

Per creare un po' di immaginario attorno a questo lavoro, durante il percorso a scuola abbiamo letto alcuni brevi passi da due storie meravigliose, che esaltano il tema del 'viaggio di ricerca' al massimo grado: Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit di J.R.R. Tolkien.
Questa citazione che segue, ad esempio, mi è sembrata rappresentare bene il passaggio delicato dell'adolescenza, nella quale ci sono delle forze incredibili che ci trasformano, ci fanno addirittura volare, ma non sempre la cosa è del tutto piacevole:
Bilbo aprì un occhio per dare una sbirciatina e vide che gli uccelli erano già molto in alto e che la terra era molto lontana, e le montagne, già distanti, si ritraevano sempre di più. Chiuse di nuovo gli occhi e si tenne più forte.
«Non darmi pizzicotti!» disse l'aquila. «Non hai bisogno di tremare come un coniglio, anche se gli somigli abbastanza. È una bella mattina con poco vento. Che cosa c'è di più bello che volare?»
Bilbo avrebbe voluto dire: 'Un bagno caldo e poi, più tardi, una bella colazione in giardino', ma ritenne che fosse meglio non dire niente del tutto, e allentare la sua presa appena un pochettino.
Già, cosa c'è di più bello che volare? Però se uno non è abituato, la cosa può spaventare, è comprensibile: i piedi non poggiano più a terra, appigli zero, c'è tanta paura di cadere. Eppure, ripeto, si vola.
Ora sarà bene chiudere questo post con il giusto augurio:
Veloci le aquile si calarono a una a una sulla cima di questa roccia e vi deposero i loro passeggeri.
«Buon viaggio!» gridarono «dovunque andiate, finché i vostri nidi vi accolgano alla fine dei viaggio!» Questa è la cosa da dire tra aquile beneducate.
«Che il vento sotto le vostre ali vi sostenga fin dove il sole salpa e la luna cammina» replicò Gandalf, che sapeva la risposta giusta.

Nessun commento: