"Signum Jonae"Venerdì 30 marzo, ore 20.15
Colline di Ciconicco (Ud)
Quello di quest'anno sarà per me un Venerdì Santo ancora più intenso, dal momento che ho l'onore di curare testo e messinscena per l'edizione 2018 della Sacra Rappresentazione del Venerdì Santo organizzata dall'associazione Un Grup di Amis (qui il sito internet ufficiale). Invitandovi a partecipare, riporto le note di regia che ho scritto per il libretto che accompagnerà l'evento.
Quello di quest'anno sarà per me un Venerdì Santo ancora più intenso, dal momento che ho l'onore di curare testo e messinscena per l'edizione 2018 della Sacra Rappresentazione del Venerdì Santo organizzata dall'associazione Un Grup di Amis (qui il sito internet ufficiale). Invitandovi a partecipare, riporto le note di regia che ho scritto per il libretto che accompagnerà l'evento.
Giona è “profeta per forza”, dal momento che alla chiamata di Dio risponde fuggendo nella direzione opposta a quella del Suo volere; è “profeta sdegnato”, quando la sua opera di annuncio salva un popolo lontano da ogni grazia; è “profeta contro se stesso” quando, dinnanzi alla conversione degli abitanti di Ninive, si dispera perché interpreta la salvezza concessa da Dio come un’ingiustizia. Giona è uno strano profeta. Eppure la prima comunità cristiana aquileiese dedica proprio alla sua storia lo spazio più ampio nel grande mosaico che copre il pavimento dell’Aula Sud della Basilica di Aquileia, realizzato nel IV secolo d.C. quando i cristiani poterono uscire dalla clandestinità senza più temere persecuzioni. Perché questa scelta?
Nel Vangelo di Matteo (e anche in quello di Luca), Gesù, rispondendo a scribi e farisei che cercano di metterlo in difficoltà chiedendogli un segno della Sua divinità, risponde: «Una generazione malvagia e adultera pretende un segno! Ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona il profeta.» “Il segno di Giona”: cioè la storia di un “profeta suo malgrado” che, dopo tre giorni nel ventre di un mostro marino, annuncia il perdono di Dio a un popolo considerato ormai perduto, ma che invece crede, si converte e viene salvato. Gesù, come Giona, muore e scende nel ventre della terra per portare «il mistero di una salvezza che attraverso la morte di Cristo, disceso agli inferi, non ha più barriere e coinvolge tutti, anche i pesci-uomini più lontani, quelli degli abissi». Una verità di fede che i cristiani aquileiesi professavano nel loro Credo, della cui unicità erano consapevoli ed orgogliosi.
L'insegnamento del chicco di grano, che nel cuore della terra perde la sua vita per acquistarne una nuova nella spiga, è conoscenza antichissima cui si sovrappone l'insegnamento di Cristo. La morte sacrificale e la sepoltura del corpo di Cristo nel cuore della terra in attesa della resurrezione rappresentano il momento centrale non solo della liturgia cristiana ma dello stesso messaggio evangelico.
La Sacra Rappresentazione Vivente del Venerdì Santo di Ciconicco quest’anno vuole dare questo messaggio, abbinando con semplicità il racconto “aquileiese” di Giona a quello del Vangelo Secondo Matteo, che per tutto il suo svolgimento invita il fedele a vivere con coerenza morale e si chiude affidandogli la stessa missione che Gesù ha affidato ai discepoli: fare il volere del Padre ed essere misericordiosi come lui lo è con noi, suoi figli.
La comunità dei primi cristiani di Aquileia trovava la sua unità nel segno di Giona e nel grande mosaico della Basilica. Quella storia era la profezia della passione, morte e resurrezione di Cristo, con l'invito a riconoscere e servire il Figlio di Dio nascosto, quaggiù, in ogni volto di uomo.
Misericordia e salvezza non per pochi, ma offerte a tutti.
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