La classica, estenuante attesa domenicale di non si sa che cosa. Forse che la settimana di nuovo ricominci. Forse che la serata porti una novità rispetto al solito (poi è sempre la settimana a ricominciare. Per questo non vorrei mai andare a dormire la domenica sera. Ma intanto uno aspetta).
Non prendo il treno per Udine da almeno quattro anni.
E' inverno e alle 18.39 è già buio pesto. Per fortuna. Così non posso vedere nulla di quello che sarà sicuramente cambiato nel paesaggio là fuori. In tutto questo buio non posso vedere ciò che è fuori, ciò che è fuori non può vedere me. Non può vedere quanto sono cambiato. Quanto sono diventato più cattivo, più falso di quanto non sia mai stato. Tutto deve cambiare.
E poi la domenica sera sembra che tutti facciano più cose di me e meglio di me. Una specie di imboscata intellettuale. Tutti vedono le cose più chiaramente di me, che cerco di risolvere i problemi ad alta voce. Arriva la fine della settimana e mi sento sfiduciato, perchè mi rendo conto di non aver fatto nulla, o poco. E quel poco che ho fatto è inutile o peggio superfluo. Solo dispendio di energia senza scopo che non migliora me e nemmeno gli altri. Insomma: oggi è domenica sera.
Soffro per la troppa chiarezza. Non riesco a capire se la vita genera o elimina gli spazi bianchi. E ho bisogno di essere più concreto nelle relazioni: perchè vivo tutto in maniera così maledettamente idealistica?
Frasi che non si fanno scrivere. Parole che vorrei scrivere e non escono. Eppure sono qua, le sento sbatacchiarmi dentro il cervello.
Mi guardo riflesso nelle cose e vedo tutti i miei difetti ingigantiti.
Photo Credit:
Silvana (away)
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