La verità in una battuta


So che voialtri ormai ve ne sarete già dimenticati, ma una settimana fa c'è stato lo show sui Dieci Comandamenti di Benigni. E a me sono rimaste in giro per la testa alcune riflessioni.


Non metto in discussione la "conversione sulla via di Damasco" del Piccolo Diavolo: ognuno è libero di seguire la propria strada (anzi, visto che credo anch'io in Dio, me ne rallegro). Si allunga semplicemente l'elenco dei Paolo Brosio, Giovanni Lindo Ferretti, Claudia Koll... (cambiano campo, ma restano sempre degli estremisti).
Non mi disturba neanche il cachet ricevuto da Benigni, con tutto quello che ha fatto guadagnare in pubblicità alla Rai. Certo, preferirei che la Rai investisse la stessa cifra in una vera serie tv, che possa stare a confronto col livello delle produzioni straniere, invece di insistere con fiction insulse e di "buoni sentimenti". La Rai è un servizio pubblico, e le serie oggi il nuovo romanzo popolare, la nuova narrazione popolare.



Quello che mi sconcerta è stata la deposizione funeraria che ha fatto Benigni della sua funzione di comico, a favore di una maschera normalizzante e buonista. Benigni non ha "reinventato" i Dieci Comandamenti, non ha costruito su di essi una narrazione che parlasse dell'oggi, che lo mettesse in crisi, che indicasse la via per aggiustarlo, adesso, in base ai problemi che ora viviamo. La Parola di Dio ci deve parlare dell'oggi, perché è viva.
Benigni ha rispolverato i Comandamenti (indicazioni CEI alla mano) per farne una cartolina oleografica che ci facesse sentire tutti un po' più buoni, un po' più santi. Sarà l'aria natalizia ad averlo ridotto così?

6° Non adulterare


Se l'intento era quello di "spiegare" i Comandamenti, ugualmente non ci siamo. Per "divulgare" i Comandamenti sarebbe servita una voce molto più autorevole e soprattutto più corretta; ad esempio padre Enzo Bianchi (una citazione molto transitoria, ma da un libro bellissimo, Il pane di ieri):

[...] Infine la quarta massima, quella che Bobbio non cita: Mes-ciùma nenta el robi!, «Non mescoliamo le cose!» Pricipio minimo di ordine che successivamente, durante i miei studi, ho scoperto essere alla base delle prescrizioni bibliche contenute nella tradizione sacerdotale sulla «purità». Non mescolare le cose - non adulterare recita letteralmente il comandamento biblico di solito tradotto con un improbabile «non fornicare» o con un sessuofobo «non commettere atti impuri» - è un principio di ordine che esige trasparenza di pensiero, chiarezza di discorso, rettitudine nell'agire. (Il pane di ieri, Einaudi, Torino 2008)



Benigni non ha "spiegato" o "divulgato" i Dieci Comandamenti, come sottolinea qui Roberto Cotroneo: "Benigni è un seduttore, non un sapiente, non ti conduce al centro del mistero ermeneutico, ti porta fuori, su una strada conosciuta, in cui puoi riconoscerti e specchiarti e che trovi molto più eccitante perché risponde a modelli consueti e rassicuranti." Ti fa impantanare in una melassa dolciastra e vischiosa.
Ogni volta che si avvicinava realmente al mistero il senso si è perso, le parole sono mancate, è scattato il ritornello: "Oooh, l'Amore, oooh, senti che bello qui, proprio le cose più grandi... oooh!" (e i conseguenti - fastidiosi perché compiaciuti - applausi ogni 30 secondi.)

Insomma, la lezioncina di Benigni non ha cambiato nulla: non ha convertito nessuno, perché non ne aveva la forza, non ha migliorato i credenti perché li ha semplicemente consolati nelle loro convizioni. Quindi a cos'é servita?

La verità in una battuta
Se avete guardato i video poco più sopra, invece, vi siete necessariamente schierati, pro o contro quello che veniva detto, avete riso, avete pensato. Bene, io ritengo che sia questo ciò di cui c'è bisogno per crescere come esseri umani e anche come fedeli. Cito un grande della satira italiana, ingiustamente ostracizzato nel nostro Paese, Daniele Luttazzi:

[...] si sa, io ho avuto un'educazione cattolica molto rigorosa: vent'anni di parrocchia e boy scout. In tutto quel periodo, nessun prete mi ha mai molestato: mi sento insultato. Comunque, quando ho cominciato a fare il comico, vent'anni fa, mi venivano in mente battute che mi facevano molto, molto ridere, e le dicevo lo stesso, anche se ideologicamente non le condividevo, perché mi facevano molto ridere; be', dopo vent'anni ho scoperto che avevano ragione le mie battute. E così ho capito che bisogna fidarsi della piccola verità contenuta in ogni risata. (dall'intervista, 10 novembre 2007)

Dio ci ama, io ne sono certo, e vuole che ridiamo, che ci poniamo delle domande, che ci diamo una mossa e che cerchiamo di migliorarci, non che ristagnamo nel "volemose bbene", che ci accontentiamo delle cose come stanno.



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