Un sopravvissuto da Varsavia, op. 46


Visto che ci stiamo avvicinando alla Giornata della Memoria ed è bene prepararsi (sia mai che incontrate Vattani e gli spiegate qualcosina su come funzionano le cose), vi propongo l'ascolto di questo oratorio, secondo me bellissimo, di Arnold Schönberg: Ein Überlebender aus Warschau Op. 46.
Questo il testo nella traduzione italiana. Buon ascolto.

Non posso ricordare tutto. Devo essere rimasto privo di conoscenza per la maggior parte del tempo. Ricordo soltanto il grandioso momento quando tutti cominciarono a cantare, come se si fossero messi d'accordo, l'antica preghiera che essi avevano trascurato per tanti anni, il credo dimenticato! Ma non so ricostruire come riuscii a vivere nel sottosuolo nelle fogne di Varsavia per un così lungo tempo.

Il giorno cominciò come al solito: sveglia quando è ancora buio. Fuori! Sia che tu abbia dormito o che le preoccupazioni ti abbiano tenuto svegli tutta la notte. Sei stato separato dai tuoi bambini, da tua moglie, dai tuoi genitori; non sai che cosa sia loro accaduto, come potresti dormire? Di nuovo le trombe: fuori! il sergente sarà furioso! Vennero fuori; alcuni molto lenti; i vecchi, gli ammalati; alcuni con agilità nervosa. Temono il sergente. Si affrettano quanto più possibile. Invano! Molto, troppo rumore, molta, troppa agitazione, e non svelti abbastanza! Il sergente urla: "Attenzione! Attenti! Beh, ci decidiamo? O devo aiutarvi io con il calcio del fucile? E va bene; se è proprio questo che volete!" Il sergente e i suoi aiutanti colpiscono tutti; giovani e vecchi, remissivi o agitati, colpevoli o innocenti. Era doloroso sentirli gemere e lamentarsi. Sentivo tutto sebbene fossi stato colpito molto forte, così forte da non poter evitare di cadere. Eravamo tutti stesi per terra, chi non poteva reggersi in piedi veniva colpito alla testa.

Devo essere rimasto privo di conoscenza. La prima cosa che sentii fu un soldato che diceva: "Sono tutti morti." Al che il sergente ordinò di farla finita con noi. Io giacevo da una parte semisvenuto. Era diventato tutto tranquillo, paura e dolore.

Fu allora che udii il sergente gridare: "Contateli!". Cominciarono lentamente e in modo irregolare Uno, due, tre, quattro. "Attenzione!" il sergente urlò di nuovo, "Più svelti! Cominciate di nuovo da capo! Fra un minuto voglio sapere quanti devo mandare alla camera a gas! Contateli!". Ricominciarono, prima lentamente: uno, due, tre, quattro, poi sempre più veloci, sempre più veloci tanto che alla fine risuonò come una fuga precipitosa di cavalli selvaggi, e tutto ad un tratto, nel mezzo del tumulto, essi cominciarono a cantare lo Shema Ysroël.

Ascolta Israele, il Signore è il Dio nostro, il Signore è uno. Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore con tutta la tua anima e con tutte le tue forze. E saranno queste parole che io ti comando oggi, sul tuo cuore le ripeterai ai tuoi figli e ne parlerai con loro, stando nella tua casa camminando per la via, quando ti coricherai e quando ti alzerai.

Nessun commento: