Quel sabato [racconto]


Quel sabato il cielo di Pordenone era coperto. Letizia Lorenzon – sulla settantina, ex restauratrice, vedova – entrò in un caffè del centralissimo corso Vittorio Emanuele, assieme alle amiche. Tutte vedove anche loro. Erano clienti abituali: sedevano sempre allo stesso tavolo e i camerieri conoscevano alla perfezione i gusti di ogni singola componente del "club delle vedove". Niente ordinazioni, le chiacchiere potevano avere inizio immediato. Così anche quel sabato.
Portando la tazza del tè alle labbra, Letizia Lorenzon cacciò un urlo acuto, scagliandola sul tavolino e inondando la signora seduta di fronte a lei, cosa che suscitò l'enorme disappunto di una terza amica, interrotta proprio al culmine del racconto di un succulento pettegolezzo.
"Un ragno, un ragno enorme!" Balbettava la Lorenzon con gli occhi strabuzzati e inondati di lacrime.
"Dove? Dove?" chiedevano le amiche, rannicchiandosi sui divanetti con le ginocchia al petto.
"Era lì" disse la signora Letizia indicando la tazzina. Fu chiamato il cameriere, un giovanotto sulla trentina, perché procedesse ad un'accurata ispezione del tavolo, dei divanetti, delle tazzine e delle suppellettili varie, ma dell'aracnide non si trovò traccia.
Recuperate le loro posizioni, pertanto, le donne ripresero a conversare. Alla Lorenzon fu servito prontamente un altro tè caldo, accompagnato da mille scuse da parte del cameriere per l'inspiegabile contrattempo. Letizia le accolse con piacere; la aiutarono a calmarsi dopo quel grande spavento. Portò la tazza sotto gli occhi ispezionandone il bordo: era perfettamente liscio e pulito. Rassicurata, iniziò a sorbire la bevanda. Ma riappoggiando la tazza sul piattino il suo sguardo cadde su un ragno, grosso e peloso, con le otto zampe posate sulla camicetta dalla fantasia floreale di un'amica.
Il grido di Letizia questa volta ebbe una tonalità notevolmente più animalesca. Le amiche restarono impietrite, nessuna osava muoversi. Fu richiamata l'attenzione del cameriere che si mise alla ricerca del ragno sulla camicetta e all'intorno, col fermo proposito di eliminarlo. Ma il ragno non si trovò.
"Letizia, ci vedi bene? Hai indossato gli occhiali giusti?" chiese un'amica.
"Controlla che non siano sporchi" suggerì un'altra e le labbra di una terza si arricciarono in un sorrisetto mellifluo.
Ritrovata la calma, dissoltasi la tensione, le chiacchiere ripresero e al secondo ritrovamento non ne seguì un terzo. Tutte le amiche ebbero così modo di aggiornarsi sull'andamento della separazione della nipote del cognato della cugina del vicino della zia del gestore del negozio di elettrodomestici in centro e l'oretta che le signore si concedevano ogni sabato mattina per fare conversazione si esaurì nella più completa tranquillità. Si fecero portare il conto e ciascuna insistette per pagare per le altre; abbandonarono quella contesa settimanale solo per fare a gara a chi avrebbe lasciato la mancia più lauta al cameriere, dopodiché le amiche si divisero: la riunione era sciolta.
Letizia Lorenzon, come ogni sabato dopo il tè, riprese la via di casa. Mentre passeggiava lungo i portici iniziò a cadere una leggera pioggerellina.
Arrivò a casa ancora un po' scossa. La pioggia non aveva lavato dalla sua memoria le zampette pelose di quel ragno misterioso, che ora – ripensandoci – neanche lei era più sicura di aver visto. Sentiva ancora in bocca il sapore dolciastro del tè. Non voleva più alcun ricordo di quell'assurda apparizione. Andò in cucina, prese un bicchiere dallo scolapiatti e lo riempì. Fu solo quando se lo portò alla bocca che scorse il ragno sul fondo. La miriade di peletti che lo ricopriva sembrava danzare muovendosi in acqua. Letizia Lorenzon lasciò cadere a terra il bicchiere che andò in mille frantumi. Ma nell'acqua sparsa sul pavimento del ragno non c'era traccia.
Pensò di essere malata; aveva preso freddo? Forse le era salita la febbre? Prima di mettersi a preparare il pranzo, sarebbe stato meglio stendersi un attimo sul divano e così fece. Chiuse gli occhi.
Il fruscio della pioggia battente sui vetri si confondeva ai passettini della sveglia che arrivavano dalla camera da letto nel silenzio del grande appartamento. Sognò? Quando riaprì gli occhi, il ragno era lì, seduto sulla poltrona davanti a lei. La fissava.


Questo racconto "alla Buzzati" è un esercizio, eseguito nel corso del workshop sulla scrittura di Dino Buzzati tenuto da Mauro Daltin per Bottega Errante l'8, 9 e 10 aprile 2016 a Pordenone.

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