Nel silenzio del Sabato Santo

[...] Che Gesù sia realmente morto, proprio perché egli divenne realmente uomo come noi figli di Adamo, [...] questo è il primo aspetto sul quale val la pena di riflettere. Come nella vita egli fu solidale con i viventi, altrettanto lo fu nel sepolcro con i morti [...].
[... Ma] Non è la discesa verso i morti che è qui importante; essa viene presupposta come evidente e coincide con qualsiasi morte autentica, ma il ritorno dai morti. Dio non ha lasciato (o 'abbandonato') Gesù nell'Ade e non ha permesso che il suo giusto vedesse la corruzione.
[...] L'essere del Radentore con i morti, o meglio con quella morte che per prima cosa fa che i morti siano realmente tali, è l'ultima conseguenza della missione redentiva ricevuta dal Padre. È quindi un essere nell'obbedienza estrema: [...]. [...] se egli manda il Figlio nel mondo per salvarlo invece di giudicarlo e a lui rimette tutto il giudizio, allora deve introdurlo, in quando incarnato, anche nell'inferno (come suprema conseguenza della libertà umana). Il Figlio però può essere effettivamente nell'inferno solo come morto, il sabato santo.
[...] Certo questo è soprattutto un evento salvifico: l'estensione del frutto della croce all'abisso della perdizione mortale [...]: ormai la salvezza è offerta a tutti, cosicchè i morti, corrispondentemente alla possibilità dell'uomo di prendere una decisione a favore o contro la rivelazione di Dio in Cristo e sotto l'influsso dell'orientamento fondamentale del desiderio dell'anima mantenuto durante la vita, possono ormai prendere la loro decisione, e invero sia i morti prima che quelli dopo la venuta di Cristo. [...] il descensus diventa il rivolgimento dialettico della sconfitta in vittoria [...].

Il cammino verso i morti
da "Teologia dei tre giorni" di Hans Urs Von Balthasar

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