Radio = teatro di suoni

Sabato scorso ho partecipato a Joy!, concorso di Radio Onde Furlane, a mio parere un'iniziativa non solo divertente ma soprattutto intelligente per mantenere vivo e attivo l'uso e l'interesse per la lingua friulana.
Nei prossimi giorni dovrebbe anche essere disponibile il file audio della mia performance! (Non avrei mai immaginato di arrivarci così tanto emozionato...).
Per intanto, per tutti, vi propongo (in lingua italiana) il mio intervento, dal momento che va anche al di là del fenomeno "radio" toccando gli argomenti del Teatro Sonoro di cui mi occupo da un po' di tempo.
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TEATRI DI SUNÔR



Iniziano così i miei 5 minuti di radio che ho deciso di intitolare: Teatro Sonoro. E quale maniera migliore di iniziare una riflessione sul teatro alla radio se non ascoltando il più grande e rivoluzionario degli uomini di teatro del '900:Carmelo Bene.

Ma perché? Cos'è la radio? Questa Cenerentola della comunicazione di massa? Ha senso parlare/ascoltare ancora la radio nel terzo millennio? L'era di internet? Per me sì. Forse ancora più di prima e di sempre. Almeno quanto ha ancora senso il teatro, che come la radio è un luogo non-luogo per eccellenza, dove possiamo far convivere spazi e tempi lontani e differenti, possiamo far dialogare vivi e morti. Come a teatro, anche alla radio si fa veramente finta di fare sul serio! La radio da sempre ha il potenziale più grande fra i mezzi di comunicazione, perché prima di tutto la radio sta nella testa, è un fatto mentale.

E di cosa vive la radio? Di suono. Ecco, questa è la ragione di questo brano di Bene che vi ho proposto, perché il linguaggio della radio, come il Grande Teatro, diventa comprensibile nell'ascolto, a tutti i livelli. Tutto è riposto nei significanti, non nelle parole, nel senso o nel significato. Come per la musica, il teatro, quello vero, è comprensibile anche da persone di lingue differenti. Come per la radio quello che vince ed affascina è la Babele linguistica, ciò che Carmelo Bene chiamava phoné.

Su questa traccia ascoltiamo un altro brano, del tutto diverso. Dal teatro ci spostiamo sul vero e proprio piano musicale, con i Quintorigo, che tal teatro Ariston, nel lontano Sanremo '99 hanno sconvolto gli ascoltatori con questa canzone: Rospo.


Torna quello di cui abbiamo parlato prima, la parola che si trascende nel suono, diventa musica con la musica. Naturalmente il passaggio è meno marcato che in Bene, ma la parola recitata/cantata è il mezzo anche qui per scardinare la tranquillità del linguaggio ordinario.

Ed ora, per proporre una sintesi del percorso di questa parola teatrofonica ecco un gruppo italiano che negli ultimi tempi sta riscuotendo un buon successo, ripensando in buona parte il modo di fare musica rock in Italia, proprio ripartendo dall'idea di teatro come luogo di suoni. Parlo del Teatro degli Orrori, che sin dal nome compie un esplicito riferimento al Teatro della Crudeltà di Artaud; l'idea di teatralità del suono/parola nel Teatro si comunica all'intera concezione della drammaturgia sonora. Parola e suono concorrono a rafforzarsi a vicenda, senza rispettare una precisa gerarchia, ma puntando solo ad arrivare all'orecchio dell'ascoltatore con più efficacia che mai.

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